Le terre d’Egitto, sin dai tempi antichi, sono state fonte di curiosità e interesse storico-artistico. Ne parlavano addirittura autori antichi come Erodoto, Strabone, Plinio il Vecchio, fino a ricordare Manetone, che nel III secolo a.C. scrisse gli importantissimi Aegyptiaca.
Ma è nell’età moderna, con l’interesse del mondo occidentale verso le terre esotiche, a trasformare la curiosità per la storia dell’Egitto in una vera e propria caccia al tesoro, che vide affrontare i deserti dai più importanti pionieri europei. Il primo serio contributo all’egittologia e una delle spedizioni forse più prolifiche che portò a una delle scoperte più importanti per il mondo archeologico è stata quella di Napoleone Bonaparte nel 1798, durante il suo sbarco in Egitto. La spedizione poi portò alla pubblicazione, nel 1809, di venticinque volumi chiamati Description de l’Égypte, in cui si descrivevano gli aspetti della civiltà egizia e dei monumenti e reperti ritrovati come l’importantissima Stele di Rosetta.
La spedizione partì da Tolone il 19 maggio del 1798 con una flotta di 328 navi e addirittura 38 mila uomini. Facevano parte del gruppo anche 175 scienziati che dovevano svelare al mondo francese i tesori e le conoscenze dell’Antico Egitto. Il ritrovamento della Stele di Rosetta fu attribuito al capitano francese Pierre-Francois Bouchard che la trovò a Rosetta, città portuale nel delta del Nilo nel 1799. Si ritrovò la stele durante i lavori di costruzione di Fort de Rachid. Bouchard capì immediatamente l’importanza della pietra e la mostrò al generale Menou che decise di portarla ad Alessandria. Oggi la Stele è conservata al British Museum di Londra.
Ma altre sensazionali scoperte si susseguirono nel XIX secolo. La più magnifica fu ad opera dell’esploratore italiano, Giovanni Battista Belzoni, nel 1818.
Il 30 giugno del 1816 Belzoni salpò dal porto de Il Cairo. Dopo numerose difficoltà si recò verso sud e arrivò al tempo di Abu Simbel, scoperto da Burckhardt qualche anno prima. Dopo diversi tentativi per accedere al tempio, decise di desistere e di prendere la via di Luxor. Nella vicina Karnak e nella straordinaria Valle dei Re portò alla luce preziosissime statue. Proprio nella Valle scoprì la sua prima tomba, quella del faraone Ay, codificata poi con la sigla KV23. Il secondo viaggio alla volta di Karnak fu decisamente più redditizio: qui vi trovò il sarcofago del faraone Ramesse III (oggi conservato al Louvre di Parigi). Nel 1817 continuò a scavare nella valle e vi scoprì uno dei sarcofagi più belli dell’Antico Egitto, quello nella tomba di Seti, in alabastro translucido, ora conservato al British Museum.
Ma è nel 1818, grazie anche a dei prestiti ricevuti per compiere l’impresa, che Belzoni compì una delle opere più importanti dell’archeologia: scoprì a Giza, l’ingresso della Piramide di Chefren. Riuscì nell’impresa dopo uno studio attendo e scrupoloso dell’interno della piramide di Cheope. L’impresa generò in tutta l’Inghilterra un entusiasmo tale che fu coniata, al suo ritorno, una moneta di bronzo in suo onore.
Le successive scoperte sono ad opera di spedizioni archeologiche franco-toscane: ricordiamo le spedizioni di Rossellini e di Champollion nel 1828-1829. Sicuramente una delle scoperte più importanti avvenne agli inizi del XX secolo: due archeologi britannici Howard Carter e Lord Carnarvon, scoprirono, nella Valle dei Re, la tomba di Tutankhamon.