La figura mitologica della Sfinge è appartenente sia alla cultura greca, sia a quella egizia. In realtà le due immagini sono decisamente diverse: quella greca veniva rappresentata con le ali e con la testa di donna, mentre quella egizia ha il corpo leonino con la testa umana. Mentre la Sfinge greca si raccontava si fosse ubicata sopra al monte Citerone, ponendo indovinelli per punire la città di Tebe, la Sfinge egizia è un vero e proprio simbolo protettivo, ubicata vicino alle piramidi dei faraoni, per augurar loro una serena vita nell’aldilà!
Nella necropoli di Giza, dunque, si staglia la Grande Sfinge egizia, la più famosa: come più grande statua monolitica del mondo misura 73 metri in lunghezza, 6 metri in larghezza e 20 metri in altezza. La sua costruzione è risalente alla IV dinastia dell’Antico Regno (2620 a.C.-2500 a.C.).
Il monumento è stato ricavato da un affioramento di roccia riscontrato durante la costruzione delle Piramidi di Giza. La stranezza della grande Sfinge di Giza è il suo essere isolato: di solito le sfingi successive erano poste in coppia per proteggere l’ingresso di un edificio.
La parte più pregiata ma anche quella più danneggiata è la testa del monumento. La causa non è solo da attribuire al deterioramento naturale, ma anche alle mani dell’uomo. Il naso infatti è stato totalmente rimosso, gli occhi e la bocca sono stati seriamente danneggiati. L’idea che fossero stati i soldati napoleonici i colpevoli dello scempio non è del tutto da scartare. Mayer, a seguito della spedizione napoleonica del 1804, pubblicò una serie di vedute dell’Egitto, alcune con la Sfinge totalmente integra. Si possiedono invece altre immagini, risalenti al 1737 in cui la sfinge era già priva di naso.
L’identificazione del volto raffigurato dalla sfinge desta ancora seri dubbi. C’è chi afferma che esso ritraesse Chefren, tuttavia secondo studi recenti la statua potrebbe rappresentare il faraone Cheope. Nonostante ancora non ci siano certezze, per l’archeologia ufficiale il volto della Sfinge di Giza resta attribuito a Chefren.